Per un po' è rimasta sdraiata sul divano
e di chiuso aveva
giusto gli occhi.
"Potresti chiuderle, per favore?" le ho domandato
mentre frugavo nei cassetti della scrivania
in cerca di fiammiferi...
"Fino a pochi istanti fa le volevi
spalancate"
mi ha risposto.
"Già, ma fino a pochi istanti fa
non erano così volgari. Adesso quella cosa
spaventerebbe anche Stephen Hawking..."
Si è tirata su a sedere.
Ha sbuffato, lasciando che quelle sue tette
sfidassero la forza di gravità.
Ha preso la rivista dal tavolino,
una vecchia rivista di cinema,
mentre dei miei fiammiferi non c'era traccia...
"Hai mica d'accendere?" le ho chiesto.
"Sicuro. Ma con le sigarette non funziona"
ha risposto, sfogliando quella rivista e fermandosi
su quella foto:
Phoenix (ma non la città)
"Non so proprio come sia potuto morire" ha detto.
"E' una cosa che capita spesso, alle persone" ho detto,
aprendo un altro cassetto, "Ma non temere, perché capita a tutte
una volta soltanto"
"Che bella scoperta..."
"Questo però vale solo se parliamo della morte organica"
ho aggiunto.
"Beh io, furbone, non ne conosco altre"
Non so perché ma
lo supponevo.
Ho lasciato perdere i fiammiferi.
Sono andato al cesso,
mi sono tirato giù la cerniera lampo,
ho allargato la gambe,
ho cominciato una
lentissima
meticolosa
pisciata
dritto in bocca
alla tazza.
Quando sono tornato in ufficio
lei era ancora là,
vestita di un leggero sorriso,
con quella rivista aperta davanti agli occhi
più espressivi che avessi visto negli ultimi mesi.
"Era fico da impazzire," ha detto, "Proprio bello. Quelli belli
non dovrebbero morire".
Non ho detto niente.
Mi sono versato un goccio del solito bourbon.
La morte è una troia senza gusti particolari.
Ma una troia inutile.
Impossibile scoparla.
Nessun commento:
Posta un commento