Dopo una certa ora le senti bussare.
Si siedono qui, in ufficio, fumando una sigaretta,
cercando di sorridere, profumate di shampoo e di doccia
ma quasi mai
felici.
E' quasi sempre una questione
d'amore. Non c'è nemmeno bisogno
che glielo domandi.
Stasera è lo stessa storia.
Lo stesso splendido cavallo imbizzarrito
mentre l'odio non fa che crescere
e gonfiarsi come schiuma in una vasca da bagno.
Mi ricorda un tale, molti anni fa.
La sua donna l'aveva piantato.
Lui prese la foto, quella dove le sue braccia stringevano
come serpi il corpo di lei, su uno sfondo bucolico dove
entrambi ridevano
e col semplice movimento del pollice
si bruciò le braccia e il torace e la testa e...
"Non esistono più prove" mi disse, "Ora è davvero
tutto finito".
"Fa' attenzione" dissi io, "Stai ancora
bruciando".
All'ospedale lo vestirono di bende come un antico faraone
nutrito da una macchina di plastica e gomma.
"E' una storia molto triste" dice, accavallando le gambe
molto in alto, fin quasi alle mutandine.
"E' la guerra, tesoro"
"La guerra non mi piace" dice lei, con una voce che pare
squittire, "Preferisco l'amore".
Mi piacerebbe dirle la verità.
Mi piacerebbe dirle che l'amore è più crudele di qualunque guerra
perché le sue vittime preferisce
lasciarle in vita.
"Versati un goccio di bourbon, tesoro"
le dico, "Parlami un po' dei tuoi genitori...Vuoi?"
Nessun commento:
Posta un commento