Alois - il mio macellaio - lui ha da sempre un rapporto privilegiato con la carne.
"Immagino che il tuo lavoro," gli ho detto una volta, "Non sia certo un ripiego, per te. Si vede, la passione che ci metti".
Alois ha sorriso, nonostante gli sbuffi di sangue sul mento.
"E' una cosa che ho dentro fin da piccolo" mi ha risposto, "Tu lo sai, no, che certe cose non accadono per caso. Beh, passione è indiscutibilmente la parola giusta. La carne mi ha sempre attratto, anche se ora finisco perlopiù col farla a pezzi e incartarla".
Alois ha un senso dell'umorismo particolare. A volte indossa un grembiale con la scritta "SE LA VOSTRA CARNE E' TENERA POTREBBE INTERESSARMI". Ne ha un altro che dice "QUI SI SANGUINA TUTTI I GIORNI, SIGNORE MIE". Ma il mio preferito resta questo: "SONO SOLO UN SERIAL KILLER IN PENSIONE"
"Ho scoperto questa passione a scuola," mi ha confessato una volta, "Ero in prima o seconda elementare. C'era questa bambina bionda, con denti grandi ed enormi occhi azzurri. Ricordo che non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso e non sapevo il perché. Nella mia mente si formavano pensieri chiari e precisi che facevo fatica a comprendere, ma dicevano tutti la stessa cosa: avvicinati a lei e toccala."
"Toccarla dove?"
"All'epoca non lo sapevo con precisione. I miei pensieri dicevano di toccarla e basta. Immagino che in qualche modo stessero lasciando a me la scelta del dove e del quando. La cosa curiosa è che quella bambina sedeva semplicemente al suo banco, tutto lì. E ricordo che durante la pausa faceva le cose che fanno le bambine durante la pausa: giocava alla corda o parlava con le sue compagne. E i miei pensieri insistevano che dovessi toccarla..."
Quando gli ho domandato se l'avesse fatto, Alois ha sorriso menando un colpo di coltello che ha reciso la testa di un pollo come fosse quella di un re caduto in disgrazia.
"Sentivo che dovevo starle attaccato il più possibile," mi ha risposto,"Qualcosa dentro di me mi spingeva in quella direzione. Non ti so dire se era qualcosa nascosto nei miei pantaloni...Avevo 6 o 7 anni, i miei pantaloni ancora sfuggivano al mio controllo...Ma forse in parte dipendeva dai manichini..."
"Quali manichini?!"
"Quelli delle vetrine, amico. I manichini femminili esposti in vetrina. Quelli nudi, intendo. A quell'età quando ne vedevo uno mi sentivo attratto come un cristiano dal Paradiso. Anzi, credo che sia cominciato anche prima, intorno ai 4 o 5 anni. Un manichino femminile con le forme nude era peggio di una calamita. Era soprattutto per via delle tette, immagino. E il mio subconscio dev'essersi messo in moto."
"Ma la tua compagna di scuola non le aveva ancora, le tette"
"No, ma credo che il mio subconscio se ne fottesse altamente. Credo che fosse dotato di una pazienza che a noi adulti non appartiene"
"Poi ch'è successo?"
"Sono stato promosso" ha detto Alois, ridendo. "E la mia testa ha continuato a suggerirmi di stare sempre più attaccato alla mia compagna. Anche fuori da scuola. Magari a casa, con la scusa dei compiti. Il mio intero organismo sembrava essersi organizzato per una festa campestre. O per un qualche evento che non poteva più essere rimandato. Per farla breve, credo che la mia ossessione per la carne sia nata senza una causa scatenante, ma come una specie di predisposizione innata. O almeno è quello che mi piace credere".
"Mi sembra una cosa del tutto normale" ho detto.
"Meno male" ha detto Alois, "Anche se quella faccenda dei manichini mi ha sempre dato da pensare. Anche adesso, se una donna a letto si muove troppo tendo a bloccarla in una specie di morsa. Però pensaci...la mia compagna seduta al banco...i manichini immobili...la carne qui in negozio ferma in attesa dei miei strumenti...sarà mica che in fondo in fondo ho un po' lo spirito del prevaricatore?"
Gli ho risposto che non lo sapevo. Che non m'intendo di certe cose. Di psicanalisi e roba del genere.
"La tua ragazza cosa ne dice?" gli ho domandato.
"Non ne ho idea," mi ha risposto, "Quando non è imbavagliata parla sempre di matrimonio e di altre cose che non mi va di sentire"
venerdì 25 aprile 2008
Il matrimonio della carne (parte quarta)
venerdì 4 aprile 2008
SAMIZDAT n°18 (ovvero Wirklich Wunderbar...)
Quel paracadutista...gli affetti a pezzi, stempiato e con un
plico di multe non pagate,
più o meno a metà del lancio
fissò dritto oltre un palazzo in costruzione decidendo
che non era più il caso di andare avanti,
insomma ci ripensò, e non aprì
il paracadute
ma
allargando le braccia volò più su fino
al portello dell'aereo ancora aperto,
rientrò dentro, si sedette, si tolse casco e
guanti e disse "No cazzo, stavolta nessuno
mi butterà giù..."
e l'aereo proseguì il suo volo per circa
quattro miglia ancora e poi
cadde...
Una maledetta storia vera, dissi.
"Mi prendi per stupida?!" disse lei,
"Pensi che sia una sciocca?! O una bambina?!"
"E' tutto vero," insistetti, "Potrei giurarlo. E' normale che
né tu nè altri ne sappiate niente, perché
l'aereo è esploso come una bottiglia di vetro in picchiata sul
pavimento della cucina, ma io ero là e ho visto
tutto..."
"Ma non mi dire..."
"E' tutto vero," ripetei, "Potrei giurarlo. Senti, non so come
quel tizio abbia fatto, ma so che l'ha fatto e questo
è quanto".
"E tu davvero credi che me la beva?!"
"Beh, non sarebbe il primo uomo ad aver ritrovato
un po' di coraggio e ad aver
pagato per
averlo fatto".
In quel momento udimmo un aereo
sfrecciare sopra le nostre teste.
Istintivamente alzai lo sguardo,
ma non abbastanza in fretta per vederlo
e lei allora
sollevò un braccio e frugando
nell'aria malata
l'acchiappò per la coda
e tenendolo stretto tra le dita
lo scaraventò lontano
mandandolo in pezzi con un fragore terribile
mentre la città si piegava su un fianco
alzando un poco una gamba per
pisciare meglio.
plico di multe non pagate,
più o meno a metà del lancio
fissò dritto oltre un palazzo in costruzione decidendo
che non era più il caso di andare avanti,
insomma ci ripensò, e non aprì
il paracadute
ma
allargando le braccia volò più su fino
al portello dell'aereo ancora aperto,
rientrò dentro, si sedette, si tolse casco e
guanti e disse "No cazzo, stavolta nessuno
mi butterà giù..."
e l'aereo proseguì il suo volo per circa
quattro miglia ancora e poi
cadde...
Una maledetta storia vera, dissi.
"Mi prendi per stupida?!" disse lei,
"Pensi che sia una sciocca?! O una bambina?!"
"E' tutto vero," insistetti, "Potrei giurarlo. E' normale che
né tu nè altri ne sappiate niente, perché
l'aereo è esploso come una bottiglia di vetro in picchiata sul
pavimento della cucina, ma io ero là e ho visto
tutto..."
"Ma non mi dire..."
"E' tutto vero," ripetei, "Potrei giurarlo. Senti, non so come
quel tizio abbia fatto, ma so che l'ha fatto e questo
è quanto".
"E tu davvero credi che me la beva?!"
"Beh, non sarebbe il primo uomo ad aver ritrovato
un po' di coraggio e ad aver
pagato per
averlo fatto".
In quel momento udimmo un aereo
sfrecciare sopra le nostre teste.
Istintivamente alzai lo sguardo,
ma non abbastanza in fretta per vederlo
e lei allora
sollevò un braccio e frugando
nell'aria malata
l'acchiappò per la coda
e tenendolo stretto tra le dita
lo scaraventò lontano
mandandolo in pezzi con un fragore terribile
mentre la città si piegava su un fianco
alzando un poco una gamba per
pisciare meglio.
SAMIZDAT n°17 (ovvero I soci, gli amici, i tagliatori di teste e tu)
Pensaci:
la psicanalisi è figlia
della solitudine
e di una
madre
ingombrante.
Le donne che si arrovellano su quale
copriletto
comprare,
di quale
tessuto
di quale
colore
e se
a disegni oppure
no,
per poi magari infilarci sotto
il primo uomo che
capita.
A volte penso che il massimo sarebbe
una donna che adora le violette come l’intendeva Freud
ma poi mi giro la sigaretta tra le dita
come la bacchetta di un prestigiatore,
osservo le ombre calare dietro la finestra
come panni stesi ad asciugare,
penso alle donne che passano qua fuori
come fuori da qualunque altra vita
e mi viene da ridere
perché Siegmund aveva
un’ottima scusa per stenderle sul divano
evitando giri di ballo
e di parole
e qualunque altro
stucchevole
complimento.