mercoledì 7 maggio 2008

SAMIZDAT n°19 (ovvero Filastrocca sotto una luna in fiamme)

La tazza
lascia
sulla superficie del tavolo
un'impronta
circolare
simile ad un'aureola
che i santi
si guadagnavano lasciando
le proprie ferite
aprirsi e chiudersi e
riaprirsi come
cerniere
che stringono
i propri denti
in una smorfia che può anche
somigliare ad un sorriso ma che
più spesso
è il modo in cui la bocca
imprigiona
le parole
che stanotte se ne restano
distese
sdraiate l'una
accanto all'altra come
caldi corpi nudi
anche se
le parole
a volte
respirano più vita di quanta
qualunque corpo ne possa
contenere o
sognare
in un buio
sigillato
come confezioni di arachidi
sottovuoto
o ciliegie
sottospirito
pigiate l'una
contro l'altra
senza più fiato
che si condensa
nell'aria
invernale
di un mese qualunque
che non fa
differenze
e neppure
prigionieri
affascinati in maniera
malsana
da una corda
appesa per loro
come una cravatta
che nei giorni di festa
rispolveri
come un antico rito
tribale
che sa di scaramanzia
e resa
di soldati che ancora
marciano
in qualche guerra
senza più nome
né morti
cantando quell'allegra
canzone
che accarezza
i ricordi migliori
sigillati
in fondo all'anima
come relitti
seduti in questo
Salotto Buono

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